La Stampa, sabato 10 Novembre 2001
LA POLEMICA
Stile ed etica di Piero Gobetti. Una lezione sempre attuale
Nel centenario della nascita convegno a Torino-Incontra dove si sono confrontati studiosi fedeli alla sua memoria e «avversari»
Pier Paolo Benedetto
Gobetti ieri, Gobetti oggi. Sì, anche oggi e non soltanto perché per due giornate s’è parlato, e molto, di lui commemorandone il centenario della nascita, ma perché ancora pare attuale e necessaria la «consegna» contenuta più che nei suoi libri, nel suo attivismo frenetico, nella sua vitalità, nello stile e nella morale che hanno contrassegnato la sua breve esistenza. Di quello stile e di quel tipo di eticità si fa riferimento piuttosto insistentemente nell’annata in corso, giacché coincidono, chiuso in un grumo di anni se non addirittura di mesi, il ricordo (e l’esemplare costume) di quanti furono i coetanei sodali di Gobetti, i collaboratori che lo seguirono nelle sue avventure editoriali, gli eredi rimasti fedeli alla consegna: Guglielmo Alberti, Mario Fubini, Giacomo De Benedetti, Natalino Sapegno per citarne alcuni. In tutti sono rilevabili i segni che li accomunano, pure nella diversità degli impegni, degli studi, delle attività intraprese dopo la morte dell’amico che unanimemente avevano eletto da subito a loro illuminante guida. Ad ogni occasione, soprattutto nel corso delle due giornate di studio su Piero, svoltesi ieri e giovedì a Torino-Incontra ed animate da un folto numero di studiosi venuti anche da fuori ci si continua ad interrogare sulla consistenza del pensiero gobettiano, sulla sua incidenza nella cultura coeva e successiva: su cosa è rimasto o rimane, insomma, della straordinaria stagione, di un giovane uomo vissuto l’espace d’un matin, ma che ancora ci intriga. Facile dire degli amici suoi: sono coloro che si sono mantenuti fedeli alla sua memoria ma soprattutto si sono serbati, come scrisse Guglielmo Alberti, «fedeli alla sua consegna di “resistente” avant la lettre, di Resistente Numero Uno». E dopo? Pare abbastanza condivisibile la tripartizione proposta nel corso degli interventi di ieri, tra gobettiani, gobettismo e antigobettismo. I primi sono i citati, più qualche altro; i secondi, pur rifacendosi in qualche modo a Gobetti non ne avrebbero colto le urgenze di vigilare e di opporsi al conformismo dilagante nell’Italia del dopoguerra; gli ultimi sono coloro che hanno negato (e continuano negare) a Gobetti qualsiasi caratura intellettuale o di proficuo magistero, fino a definirlo, tra le tante citazioni mortificanti «uno stanco prodotto del revisionismo risorgimentale». Parafrasando: poco liberale, ed ancor meno rivoluzionario. Un modo polemico di aggredire in anni recenti, sia da parte del mondo cattolico, sia da parte degli intellettuali laici (gli strali hanno come bersaglio in particolare Ernesto Galli della Loggia) la cosiddetta «egemonia azionista» particolarmente presente a Torino, erede, senza dubbio, del «magistero» gobettiano, custode di una intransigenza scomoda che nulla ha da spartire con la tendenza all’unanimismo e allo spirito bipartisan di cui sembrano permearsi un po’ tutte le componenti della società odierna, buona parte della sinistra compresa; cresce, insomma, la tentazione ad «aver a che fare con gli schiavi». Se così è, ben venga a disturbare il sonno l’ombra di Piero Gobetti: prima che il sonno generi nuovi mostri.
|