Mercoledì 30 Maggio 2001
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All’Unione Industriale di Torino due storici a confronto sulla figura dell’intellettuale morto a 25 anni
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Gobetti rivoluzionario conteso
Intransigenza etica, tensione morale: un’eredità che appassiona
Bruno Ventavoli DE LUNA : «L'eredità di Gobetti nella vita culturale e politica italiana è un grafico immaginario. Con picchi altissimi e discese abissali. E i momenti in cui gli studiosi e i leader hanno attinto maggiormente al suo pensiero coincidono con i periodi di crisi più acuta. In questo senso è emblematico il '91, anno in cui viene ripubblicato il carteggio con Ada. I protagonisti sono due adolescenti che parlano di molte cose, di politica, di società, d'amore. E' un vero e proprio romanzo di formazione, emerge un Gobett i fiero, intransigente, "arido". C'è una lettera del settembre '19 dove il giovane Piero racconta con sdegno una seduta parlamentare, con deputati "mascalzoni" che dopo otto ore di "buffonate" si prendono a pugni e a sputi. Da quella classe dirigente, dice, non può che venire fuori una catastrofe, la volgarità. Il 1991, anno in cui fu riproposto il carteggio, coincideva con un periodo di rottura nella nostra democrazia, una transizione radicale che si è conclusa solo ora. E certe scene d'inizio secolo si s tavano riproponendo. I leghisti che mostravano il cappio ai socialisti - gli stessi leghisti che oggi sono alleati degli stessi socialisti nella Casa delle Libertà -, le monetine contro Craxi, Mani Pulite, la bava di Forlani alla sbarra interrogato da Di Pietro. In quel momento la ricezione pubblica di Gobetti ha conosciuto una grande fortuna». GALLI DELLA LOGGIA : «L’eredità di Gobetti è un’eredità controversa perché controversa era la tradizione intellettuale italiana dopo cinquant’anni di storia italiana caratterizzata da un filo rosso: la critica al Risorgimento espressa soprattutto da letterati, da Carducci a Oriani. Una tradizione ambigua e controversa che poteva avere due esiti diversi, uno di destra (nazionalismo e fascismo) e uno di sinistra (Gramsci e comunismo). Entrambi questi due esiti avevano la stessa linea culturale composta dal disprezzo per gli is tituti della democrazia rappresentativa, non per quel che erano ma per come funzionavano, non contro il parlamento ma contro il parlamentarismo. Una posizione caratterizzata da sdegno etico e una "questione" morale contro il parlamento come luogo della corruzione. Di qui l’odio per Giolitti, il politico che viveva dei giochi in parlamento. L’odio per il riformismo che spezzava il sogno del riscatto generale della classe operaia. E infine, con la sua esistenza Gobetti ha incarnato il suo ideale politico. Gr ande teorico delle avanguardie, delle energia mobilitate da piccoli gruppi che spostano le tradizioni e la realtà. E’ stato l’eroe di un’idea eroica della vita e della politica». DE LUNA : «La personalità complessa di Gobetti ha permesso un'appropriazione - anche indebita - da parte di tutte le famiglie politiche italiane. I comunisti hanno apprezzato il suo lavoro, la sua attenzione alla classe operaia, ma in fondo l'hanno poi considerato un intellettuale che si è fermato a metà strada. C'è stata la ricezione liberale. Einaudi considerava il suo liberalismo non asfittico un modello, un punto di riferimento per cogliere le passioni di questo Paese. Spadolini lo "imbalsamò", lo trasformò in una specie di padre della patria, un personaggio cui tutti potevano attingere un pezzo del suo pensiero. I cattolici hanno apprezzato la sua tensione etica». GALLI DELLA LOGGIA : «Gobetti non è stato un uomo di rottura, semmai ha conservato in tutta la sua ambivalenza la tradizione della cultura italiana, la cui ambiguità ne consentiva una lettura di destra e sinistra. C’è stato un esito di destra, con il fascismo. Ma Gobetti ha salvato la tradizione culturale italiana conservandola e proiettandola verso un futuro dopo il fascismo. Come ha potuto? Legandola al partito comunista e all’esperienza dei consigli di fabbrica che si stava compiendo proprio qua a Torino. Come stava facen do Gramsci. Un’operazione di grandissimo peso intellettuale e politico che ha avuto una sua realizzazione concreta nella Resistenza. L’operazione di aggancio della tradizione intellettuale italiana al partito comunista richiedeva alcuni "collanti", che sarebbero poi stati presenti in tutte le formazioni politiche che in qualche modo a Gobetti si richiamano, come il Partito d’Azione. Per esempio l’intransigentismo: la politica sentita come supremo impegno morale dell’individuo e il non avere nessuna clemenz a verso la gran massa di imperfezioni che alla politica si accompagnano. Intransigentismo e eticismo sono il marchio del gobettismo e dell’azionismo».
DE LUNA : «La ricezione di Gobetti è continuata anche nei terribili anni 80. MicroMega ha utilizzato i suoi aspetti giustizialisti e sdegnati per farne un'icona ante litteram di Mani Pulite. C'è stato un tentativo di annessione da parte dei "fascisti" che hanno puntato sul suo elogio della società organica del lavoro. Gli unici che forse non hanno mai arruolato davvero Gobetti sono i socialisti perché il riformismo italiano è sempre stato molto pragmatico, incapace di coniugarsi con la passione eroica del padre della Rivoluzione liberale . Le letture più efficaci credo siano state quelle di Leone Ginzburg e di Carlo Levi. Quest'ultimo, insistendo sugli elementi di "autonomia e libertà", sul valore individuale, intimo della libertà, faceva del gobettismo un riferimento fondamentale per la selezione della classe dirigente». GALLI DELLA LOGGIA : «Gobetti non ha considerato il fascismo come un movimento antiliberale e antisocialista. Anzi ha sempre detto che Mussolini rappresentava l’altra faccia di Turati. Un’espressione che si sposava con la linea comunista massimalista che si sarebbe poi espressa nella formula del socialfascismo. E si capisce come la tradizione socialista non abbia mai potuto sopportare Gobetti che ha sempre riversato sui socialisti una sorta di napalm polemico».
DE LUNA : «Cosa succederà ora di Gobetti? Io credo che scomparirà. E' un uomo della crisi, dell'emergenza, non delle normali amministrazioni. Non a caso il Partito d'Azione si è dissolto nel '48. Con la fine della guerra civile. Il gobettismo e il Partito d'Azione sono impensabili senza la lotta partigiana. Gobetti ci ha offerto un compendio del Novecento italiano, delle sue contraddizioni. Era attento alla classe operaia. Ma nutriva anche una appassionata fiducia nei capitani d’industria, nei tecnocrati capaci di organizzare migliaia di lavoratori. E credeva che il conflitto sociale fosse uno lievito vitale per il Paese. Tutto questo, io credo, è finito nel nostro Paese. E nell'Italia cambiata, uscita definitivamente dal Novecento, non c'è più spazio per la sua tensione ideale, per le sue analisi, per la sua rivoluzione culturale contro la mediocrità e la volgarità dello Stato».
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